PRIMI IMPIANTI DELLA PROTESI SOTTORETINICA PRIMA IN ITALIA
Eseguite con successo le prime tre chirurgie per lo studio PRIMAvera
(A cura del Prof. Dr. Med, Andrea Cusumano)
PRIMAvera è il nome dello studio clinico multicentrico mirato a validare i parametri di sicurezza ed efficacia della protesi sottoretinica PRIMA, ad oggi la più piccola e performante protesi sottoretinica progettata e realizzata per restituire una visione utile ai pazienti che hanno perso la visione centrale a causa della degenerazione maculare legata all’età (AMD) di tipo atrofico giunta allo stadio terminale di atrofia geografica (AG).
Gli studi di fattibilità eseguiti in Francia e negli Stati Uniti a partire dal 2018/2019 hanno dimostrato per questa protesi un profilo di elevata sicurezza ed efficacia. PRIMA è stata infatti ben tollerata e nessun paziente ha subito eventi avversi gravi correlati all’impianto. I pazienti che hanno partecipato allo studio sono stati in grado di riconoscere numeri, lettere, parole e in alcuni casi persino brevi frasi in diverse condizioni di illuminazione. I pazienti hanno inoltre conservato la loro visione periferica residua, dimostrando un buon grado d’integrazione tra visione naturale e visione artificiale.
Lo studio PRIMAvera è approdato in Italia grazie al Consorzio tra il Policlinico Tor Vergata (PTV) e il Presidio Britannico presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, entrambi situati a Roma, sotto il presidio del Ministero della Salute. Se lo studio confermerà i risultati ottenuti precedentemente, PRIMA potrebbe ricevere la certificazione FDA e la marcatura CE, necessarie per la commercializzazione e l’utilizzo della protesi nella pratica clinica.
I primi tre pazienti italiani, di 91, 84 e 86 anni, sono stati sottoposti alla chirurgia d’impianto della protesi nel mese di settembre scorso e stanno per iniziare a breve, tra il 17 e il 24 ottobre, la fase successiva del protocollo, che consiste nell’accensione della protesi e nell’inizio della riabilitazione visiva, che avrà una durata di circa 12 mesi.
La riabilitazione è necessaria perché la stimolazione visiva che si ottiene grazie alla protesi sottoretinica è diversa da quella “naturale” e assomiglia a un insieme di puntini luminosi (fosfeni) prodotti dalla stimolazione della retina residua da parte delle celle fotovoltaiche che costituiscono il microchip. Il paziente deve quindi imparare a riconoscere nei pattern di fosfeni percepiti gli oggetti reali che li producono.
I risultati di efficacia saranno valutati a partire dai 6 mesi dopo l’impianto e saranno basati sulla variazione dell’acuità visiva (capacità di vedere e riconoscere forme, lettere e oggetti) e della qualità di vita dei pazienti.
I vantaggi di PRIMA consistono nelle sue dimensioni (un microchip di soli 2 mm di lato e dello spessore pari a un terzo di un capello umano), che permettono una chirurgia d’impianto relativamente semplice, che dura poche ore e che può essere eseguita in anestesia locale con l’aggiunta di una semplice sedazione. Inoltre, il microchip funziona con l’ausilio di un sistema esterno – che comprende un paio di occhiali con fotocamera integrata e un piccolo computer tascabile – ma, lavorando in modalità wireless, non necessita di cavi che colleghino il microchip con questi devices.
Anche se PRIMA è stata progettata per il recupero della visione centrale nei pazienti affetti da AMD atrofica evoluta in GA, essa potrebbe rivelarsi utile anche per i pazienti affetti da retinite pigmentosa e altre patologie degenerative della retina, apportando un grande beneficio, in termini di innovazione terapeutica e di qualità di vita, a una vastissima platea di persone.
PRIMA è la protesi più innovativa e performante ad oggi prodotta nel campo della visione artificiale e la sua applicazione su larga scala potrà verosimilmente condurre a ulteriori miglioramenti della sua performance, sia per quanto riguarda l’area retinica coperta dalla protesi (che è modulare e quindi può essere adattata all’area retinica interessata dall’atrofia), sia per quanto riguarda la qualità d’immagine percepita dal paziente (rendendo i moduli più piccoli si potrebbe avere, a parità di superficie, un maggior numero di stimoli elettrici e quindi una definizione delle immagini più elevata rispetto a quella attuale).
Questo articolo intende riportare le importanti innovazioni realizzate ad oggi nel campo della visione artificiale. Certo è bene ricordare che la protesi retinica, allo stato attuale, non è in grado di restituire una visione simile a quella “naturale”, tuttavia la possibilità d’impiantare un microchip retinico con un intervento relativamente semplice e non invasivo, privo di cavi che collegano l’interno dell’occhio con l’esterno, e il fatto che l’impianto è reversibile sono realtà che solo fino a una ventina di anni fa erano quasi fantascienza. Se da un lato è fondamentale non dare mai false aspettative ai pazienti affetti da gravi disabilità visive, dall’altro riteniamo importante informarli sulle reali evoluzioni e progressi della tecnologia biomedica, perché possano seguire, meglio comprendere e presto, si spera, sapere che esiste una nuova tecnica terapeutica e decidere con cognizione di causa se desiderano avvalersene o meno.